Dalla riserva

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Finisco ora di leggere un paio di articoli dedicati al sentimento di impotenza e frustrazione, due amicizie storiche per la sinistra. Lo scenario che fa da sfondo è l’Italia uscita dalle ultime urne politiche, che ha poi dato vita al governo bicefalo Lega-M5S, o se preferite Salvini-Di Maio. L’ordine non è casuale, vista l’immediata e perdurante occupazione della scena da parte dell’imbelle padano, con tentativi di rincorsa da parte del miracolato campano.
Nei due articoli (Non ne posso più. La maglietta rossa e l’impotenza della sinistra e poi Quel dialogo con i dubbiosi e gli ostili) si esprime la frustrazione di una sinistra che, manifestazioni simboliche a parte, non riesce minimamente ad incidere sul pensiero popolare. Ritrovandosi così sempre più minoritaria e autorinchiusa dentro un recinto, una riserva politica.
Da fuori la riserva la maggioranza popolare tenta lo sterminio finale a suon di “elité di benpensanti”, “sinistra al caviale”, “buonisti”, “froci col culo degli altri” e delicatezze simili.
Da dentro la riserva si reagisce all’impotenza considerando la folla popolare insediatasi al governo, ed in costante aumento secondo i sondaggi, come un’orda di barbari incapaci di pensare ed ancor meno di capire. Un concetto che Angelo d’Orsi descrive molto bene nel suo citato articolo: “In fondo questa impotenza è comoda e protettiva, e ci ritroviamo, sempre meno, ma persuasi che siamo i migliori, i più belli, i più intelligenti mentre gli altri, i nostri avversari, sono brutti sporchi e cattivi. E se vincono è colpa del popolo che nulla capisce, alla fin fine. Ma a quello stesso popolo noi ci appelliamo, e crediamo persino di conoscerlo meglio di coloro che fanno il pieno nelle piazze e nelle urne.

Se questo è il quadro di riferimento, non c’è dubbio che io faccia parte a pieno titolo della riserva.
Non ho mai votato né M5S né tantomeno la Lega (sia nella versione in cui si sfogava contro il sud Italia, sia in quella attuale in cui si sfoga contro il sud del mondo, con il sud Italia al suo fianco).
Considero questo governo il frutto di un’Italia che preferisce continuare a cercare nemici esterni (gli immigrati e l’Europa in primis) per rimandare ancora una volta di fare i conti con i propri quotidiani disastri morali, economici, educativi, e chi più ne ha più ne metta.
Pur avendo preso da tempo le distanze dalla cosiddetta sinistra massimalista citata nell’articolo di Angelo d’Orsi (alle ultime elezioni presentatasi con l’ennesimo patetico cambio di abito chiamato Potere al Popolo) continuo a definirmi di sinistra.
Ho una situazione economica che mi consente, pur senza lussi specifici, di essere alle 9.20 di un venerdì mattina a scrivere sullo scenario politico italiano anzichè star faticando dentro un qualsiasi luogo di lavoro salariato dopo aver timbrato un cartellino d’accesso.
Sì, non c’è dubbio, sono un esemplare tipico da riserva.

Pur consapevole di tutti i predetti miei limiti morali, vorrei comunque poter dire che la richiesta di autocritica (altra vecchissima e contorta amicizia della sinistra mondiale, si veda l’esemplare “United Red Army” del regista giapponese Kōji Wakamatsu) nell’attuale scenario politico italiano suona un po’ paradossale.
Autoaccusarsi di non saper/voler parlare con il popolo, considerandolo sporco e cattivo, usando “solo” simbologie tipo le recenti “magliette rosse” lanciate da don Ciotti, mentre dall’altra parte si continua a trattare lo stesso popolo come branchi di voti da prelevare solleticando, al grido di “prima gli italiani contro tutti gli altri”, i peggiori istinti e paure, dovrete ammettere che un po’ paradossale suona. O no?
E’ vero che bisogna sempre tendere agli esempi migliori e non a chi fa di peggio. Ma attenzione a non cadere, sia pure per disperazione, rabbia, frustrazione, nell’errore opposto.
I nostri avversari non sanno parlare agli italiani meglio di noi, semplicemente li usano meglio sfruttandone i loro limiti, anche morali e culturali. I nostri avversari non rispettano gli italiani più di noi, perchè insultano continuamente la loro intelligenza offrendogli ricette politiche facili in un mondo in cui la complessità politica aumenta inesorabilmente.
Le “magliette rosse” in richiesta di “umanità” saranno pure poca cosa, ma di fronte a chi continua a “parlare” agli italiani usando come simbologia “la ruspa” ammetterete che assumono un valore illuminista.
Ben venga l’autocritica e ben vengano tutte le azioni necessarie a ricostruire in Italia un campo progressista più interconnesso con la società reale. Ma non facciamo finta di non vedere che, al di là della qualità dei ragionamenti offerti dalle opposizioni di turno, ci sono ampie fasce di popolazione che, per paura di affrontare la complessità economica e sociale, preferiscono consegnarsi alle semplificazioni brutali dei Trump, Putin, Orban, Erdogan e Salvini-Di Maio.

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