SanPa

Ho finito adesso di vedere il quinto ed ultimo episodio di “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano”. Una docuserie sbarcata da poco su Netflix, che è riuscita subito a rimandare in subbuglio l’alveare San Patrignano. Un alveare, come la serie ben documenta, da sempre abituato a scatenare pericolosi sciami di opinione pubblica, l’un contro gli altri armati.
C’è chi ancora oggi chiede la santificazione di Vincenzo Muccioli, deus ex machina di quel progetto, e chi lo considera un manipolatore violento che ha acquisito potere, denaro e popolarità arrampicandosi sulle sofferenze di un’umanità devastata dalle droghe pesanti degli anni ’80.

Eccolo allora il primo ed enorme merito della serie: mandare al macero questa assurda contrapposizione tra bianco e nero, tra santo e diavolo, tra salvatore di vite e spregiudicato omicida. “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano”, dà la parola a tutti (pubblicando alla fine anche i nomi di coloro che hanno preferito non parlare). Mette in fila in maniera metodica l’ampio materiale di cronaca che ha segnato le vicende di quella comunità. Lo spettatore, racconto dopo racconto, filmato di repertorio dopo filmato di reportorio, può farsi un quadro dei fatti e provare a tirare le proprie conclusioni.

Per chi, come il sottoscritto, quella vicenda ha potuto viverla da contemporaneo attraverso le cronache ed i dibattiti che via via si sviluppavano, la serie è un’incredibile occasione per osservarla finalmente nella sua integrità storica. Ed è proprio questo l’altro prezioso contributo che la serie offre: mostrare come cambiano le lenti con cui osserviamo e descriviamo la realtà man mano che il tempo svolge il suo ruolo di sedimentazione.

I moltissimi racconti degli ex ospiti di San Patrignano, soprattutto di coloro che possono essere considerati a tutti gli effetti co-fondatori della comunità, sono spesso messi a confronto con ciò che loro stessi facevano e dicevano al tempo dei fatti. Emergono inevitabili, ed a volte imbarazzanti, discrepanze. Sulla base delle quali, chi non ha mai voluto dismettere il metodo del “chi non è con noi, è contro di noi”, li ha fin troppo facilmente bollati come “traditori”.

Ed invece quel confronto temporale dei protagonisti con se stessi dimostra allo spettatore come solo il tempo ed una prospettiva più completa e depurata dalle emozioni del presente consentono di vedere la realtà dei fatti nel suo quadro più complessivo. Un quadro che a quel punto, e solo a quel punto, consente di tenere insieme, come sempre succede nelle vicende umane, le “tenebre” e le “luci”, appunto.

Per questo è decadente ascoltare le polemiche di chi, di fronte alla preziosa opportunità offerta dalla serie di riparlare a mente fredda di San Patrignano e del suo fondatore Vincenzo Muccioli, descrive il documentario come un’operazione puramente diffamatoria, quasi chiedendone una censura. Dando così l’idea che il tempo, ed i fatti emersi e sedimentati, non abbiano minimamente scalfito la disperata necessità di avere certezze inattaccabili, allora come ora, costi quel che costi. Il famoso, e foriero di molte disgrazie, “o sei con noi o sei contro di noi”. Un meccamismo di difesa che può risultare comprensibile quando a parlare è il figlio di Vincenzo Muccioli, Andrea, inevitabilmente troppo coinvolto emotivamente, fin da quando era un bambino, in quel progetto totalizzante che, come dice lui stesso, gli ha sottratto un padre per portarlo dentro una famiglia allargata a centinaia di persone. Diventa invece semplicemente stucchevole ascoltare, ancora oggi, persone che parlano dei morti e delle violenze accertate a San Patrignano come inevitabili e quasi trascurabili effetti collaterali. E di Vincenzo Muccioli come una sorta di santone a cui si può solo essere fedeli.

Fabio Cantelli, partito come ospite di San Patrignano e finito come responsabile delle pubbliche relazioni allorché la comunità ha dovuto affrontare le conseguenze dei crimini commessi al suo interno, è una delle testimonianze più importanti e toccanti della serie. Perchè con la sua stessa vita, come del resto quasi tutti i protagonisti interpellati nel documentario, è stato testimone delle luci e delle tenebre di San Patrignano. Il suo racconto tiene insieme l’amore e la gratitudine per la creatura di Vincenzo Muccioli, che lo ha restituito ad un’esistenza piena e consapevole, con la giusta capacità di critica verso un progetto che ha visto snaturarsi nel tempo. E’ lui ad affermare come all’epoca dei processi scaturiti dall’assassinio di Roberto Maranzano sarebbe stato più giusto e virtuoso ammettere di fronte all’opinione pubblica determinati errori commessi nel cammino di crescita esponenziale della comunità. Questo avrebbe avuto effetti benefici verso l’esterno ma, soprattutto, verso l’interno della comunità. Si è scelto invece sempre ed ostinatamente di difendere il fortino, per continuare a idealizzarlo e venderlo come luogo di sola armonia, vita e rinascita.

Noi contro loro. O sei con noi o sei contro di noi. E soprattutto, taci il nemico ti ascolta, quello che succede nel fortino non deve uscire dal fortino.

SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano” quel fortino l’ha voluto raccontare, senza omissioni e senza volergli essere né amico, né nemico.

Il Cantico dei drogati (Fabrizio De Andrè)

Ho licenziato Dio
gettato via un amore
per costruirmi il vuoto
nell’anima e nel cuore.

Le parole che dico
non han più forma né accento
si trasformano i suoni
in un sordo lamento.

Mentre fra gli altri nudi
io striscio verso un fuoco
che illumina i fantasmi
di questo osceno giuoco.

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Chi mi riparlerà
di domani luminosi
dove i muti canteranno
e taceranno i noiosi.

Quando riascolterò
il vento tra le foglie
sussurrare i silenzi
che la sera raccoglie.

Io che non vedo più
che folletti di vetro
che mi spiano davanti
che mi ridono dietro.

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Perché non hanno fatto
delle grandi pattumiere
per i giorni già usati
per queste ed altre sere.

E chi, chi sarà mai
il buttafuori del sole
chi lo spinge ogni giorno
sulla scena alle prime ore.

E soprattutto chi
e perché mi ha messo al mondo
dove vivo la mia morte
con un anticipo tremendo?

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Quando scadrà l’affitto
di questo corpo idiota
allora avrò il mio premio
come una buona nota.

Mi citeran di monito
a chi crede sia bello
giocherellare a palla
con il proprio cervello.

Cercando di lanciarlo
oltre il confine stabilito
che qualcuno ha tracciato
ai bordi dell’infinito.

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Tu che m’ascolti insegnami
un alfabeto che sia
differente da quello
della mia vigliaccheria.

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